2023
Mostra: Antonio Mancini e Vincenzo Gemito, a cura di M. Carrera, F. Mazzocca, C. Sisi, I. Valente, Pescara, Museo dell’Ottocento.
Attraverso 140 opere, tra dipinti, sculture e disegni provenienti da importanti raccolte pubbliche e private, il Museo dell’Ottocento racconta in questa grande mostra la storia di due dei più importanti artisti italiani vissuti tra il XIX e il XX secolo: il pittore Antonio Mancini (Roma 1852-1930) e lo scultore Vincenzo Gemito (Napoli 1852-1929). Di fatto, due vere e proprie retrospettive che si incrociano, mettendo in evidenza tangenze e distanze tra le ricerche dei due artisti, tra i più apprezzati del loro tempo anche al di là dei confini nazionali.
La mostra, a cura Manuel Carrera, Fernando Mazzocca, Carlo Sisi e Isabella Valente, intende inoltre indagare il rapporto dei due artisti con i colleghi e mecenati.
I capolavori sono stati concessi da collezioni private e istituzioni museali quali la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Museo e Certosa di San Martino di Napoli, la Galleria d’Arte Moderna di Roma, la Galleria d’Arte Moderna di Milano, la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, il Museo delle Raccolte Frugone di Genova e la Raccolta Cardinale Giacomo Lercaro di Bologna. Un fondamentale prestito deriva dalle Gallerie d’Italia di Napoli e Milano, con ben 16 opere. Il Museo dell’Ottocento, inoltre, espone al pubblico una selezione di per intero il suo nucleo di diciassette opere di Mancini, diciassette quadri capaci di restituire la vicenda di un artista che conquistò una fama internazionale.
Nati nel 1852, il romano Mancini e il napoletano Gemito, entrambi di umili origini, si incontrarono tredicenni alla scuola serale di San Domenico Maggiore a Napoli. Sotto la guida degli scultori Stanislao Lista ed Emanuele Caggiano, poi del pittore Domenico Morelli, negli anni della formazione condivisero l’attitudine a una rappresentazione realistica della figura umana, accomunati dall’abilità nell’introspezione psicologica, ciascuno secondo le peculiarità del proprio linguaggio. Tra gli anni ’60 e ’70 dell’Ottocento, Napoli era teatro di sperimentazioni pittoriche sul rapporto tra luce e colore, e di un dibattito che rivoluzionava la secolare supremazia del disegno propugnata dall’Accademia; la città era aperta al dialogo con artisti di tutta Europa e attenta alle novità che giungevano dalla Francia, dalla Spagna e dall’Inghilterra. A partire dalla metà degli anni Ottanta dell’Ottocento, dopo i soggiorni parigini e un lungo periodo di instabilità psichica che afflisse i due artisti, le loro strade si separarono prendendo direzioni diametralmente opposte: Mancini stabilitosi a Roma sperimenterà una pittura caratterizzata da una pennellata veloce, frammentata, con brillanti tocchi luministici, stile che attirerà da un lato l’attenzione del collezionismo straniero, dall’altro le critiche di coloro i quali ritenevano la sua figurazione eccentrica. Gemito tornato a Napoli si avvicinerà al rigore e all’eleganza dell’arte ellenistica, poi, negli anni della maturità, alla scultura manierista e alla tradizione orafa. L’esposizione offre la visione delle fasi salienti dei sentieri artistici di Mancini e Gemito, con affondi tematici sulle poetiche dei due artisti.
Mostra: Fausto Pirandello. Il dramma della pittura, a cura di M. Carrera e D. Ferrari, Rovereto, Mart.
Il Mart dedica un focus a Fausto Pirandello, grande pittore del novecento di cui conserva due importanti opere, “Composizione” e “Nudo in prospettiva”, entrambe realizzate nel 1923.
Attraverso 50 lavori e un allestimento tematico la mostra sottolinea il carattere introspettivo della ricerca dell’artista. Nelle sale del Mart trovano collocazione opere iconiche come le “Bagnanti”, “Donne e salamandra” e il celebre ritratto al padre Luigi, premio Nobel per la letteratura.
Nell’arco della sua carriera, Pirandello passa dal linguaggio analitico di ascendenza nordica alla scomposizione cubista e astratta del dopoguerra; dall’espressionismo degli anni della “Scuola romana”, fino al ritorno, nel periodo maturo, di una rappresentazione esasperata dell’umanità. Considerato dai critici un precursore, Pirandello anticipa alcuni aspetti della pittura della seconda metà del XX secolo, da Lucian Freud ai figurativi contemporanei.
Mostra: Luigi Bartolini: attraverso il colore, a cura di M. Carrera, Macerata, Palazzo Buonaccorsi.
Dal 29 ottobre 2023 al 7 aprile 2024 i Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi di Macerata presentano la mostra “Luigi Bartolini attraverso il colore”, un approfondimento sulla produzione pittorica di Luigi Bartolini (1892-1963), poliedrico maestro cuprense di cui si celebra quest’anno il 60° anniversario della scomparsa.
A cura di Manuel Carrera, l’esposizione si inserisce nel programma di eventi promosso dalla Regione Marche per celebrare il sessantenario della morte di Luigi Bartolini, che coinvolge 5 comuni: Cupramontana, Macerata, Urbino, Osimo e Camerino con capofila il Comune di Macerata. Un omaggio dovuto per riscoprire i legami con le Marche e far conoscere anche alle nuove generazioni un grande artista marchigiano.
Luigi Bartolini, prolifico anche nell’incisione, nella letteratura e nella critica d’arte, si è espresso in pittura con un linguaggio originale e moderno, in grado di coniugare i soggetti della tradizione con la forza del colore e l’impeto del gesto propri del Novecento.
Dalle tangenze con gli stilemi secessionisti alla propensione tonalista, le oltre sessanta opere in mostra, provenienti da musei e prestigiose collezioni private, documentano la profonda cultura figurativa del Bartolini pittore, figura d’artista tra le più interessanti del secolo scorso. Personalità eclettica e dalla vivace vena polemica, con la sua figurazione si contrappose al recupero della tradizione promosso dalla pittura italiana durante il ventennio fascista, suscitando, alle esposizioni del tempo, da un lato lo scetticismo dei conservatori, dall’altro l’entusiasmo della critica più attenta. Un raffronto con l’opera grafica evidenzia inoltre la pluralità di indirizzi della sua ricerca, con l’obiettivo di restituirgli il posto che gli spetta nella storia della pittura del Novecento italiano.